domenica, Luglio 14, 2013 Categoria: Cronache

Il mistero infinito del lago: con una condanna riaffora il passato

C’ èuna sentenza d’Appello che condanna per false dichiarazioni al pubblico ministero  una persona informata sui fatti e convocata in Procura dal sostituto Giuliano Mignini nell’ambito dell’inchiesta sulla morte del medico Francesco Narducci. In primo grado, con il rito abbreviato, era stato  completamente scagionato dal gup Paolo Micheli  . Contro il proscioglimento si erano appellati sia il piemme che la parte civile Francesca Spagnoli vedova Narducci rappresentata dall’avvocato Francesco Crisi. L’appello,lo abbiamo detto, ha portato allla condanna dell’indagato a sei mesi di reclusione e al risarcimento, in separata sede, della parte civile Spagnoli.  E’ la prima condanna- per altro non definitiva e appellabile in Cassazione- che arriva a 28 anni dai fatti e a 11 anni dalla riapertura delle indagini. Vista dalla parte della pubblica accusa è una condanna che ha una qualche valenza significativa in relazione alle ipotesi investigative. L’episodio che ha dato origine al procedimento è riportato nei dettagli nel libro <<48 small-il dottore di Perugia e il mostro di Firenze>> di Alvaro Fiorucci (Morlacchi editore).

unque secondo l’accusa il professionista nel 1985, l’anno della morte di Francesco Narducci,avrebbe riferito telefonicamente ad un suo congiunto che il medico era stato recuperato il suo cadavere aveva le mani legate. Il congiunto del professionista, una donna, riferì questo particolare agli investigatori. L’uomo però nel corso di un interrogatorio molto tormentato negò quel racconto . Precisando- annotarono gli inquirenti- di essere legato da un forte rapporto di amicizia con Ugo Narducci ,il padre dello sfortunato medico perugino. La negazione ora è stata valutata come una falsa dichiarazione: da qui la condanna. Questo processo- al di la di quelli che saranno gli esiti definitivi in Cassazione- potrebbe segnare anche l’avvio della serie di processi a singoli indagati dopo che la Suprema Corte ha stabilito- definitivamente-la non sussistenza del reato di associazione a delinquere. In altre parole: non è mai esistita-contrariamente a quanto sostenuto dal piemme- un’associazione a delinquere che ha depistato- dall’ipotizzato scambio di cadaveri dell’85 ai successivi tentativi di bloccare l’inchiesta- per nascondere la verità sulla morte di Francesco Narducci , un omicidio (come archiviato dal gip Marina De Robertis e non un suicidio o una disgrazia come ritenuto dalle difese) che messo sotto la lente di investigazioni corrette avrebbe potuto portato gli inquirenti sulle tracce dei delitti del Mostro di Firenze. Una verità indicibile e tenuta segreta, secondo la procura.Si diceva il primo di una serie di processi individuali. Questo potrà avvenire a seguito delle valutazioni di un nuovo gup chiamato a decidere se rinviare a giudizio o prosciogliere i venti indagati le cui posizioni sono state ritenute meritevoli di esame da parte della Cassazione che ha accolto i ricorsi della Procura e della parte civile  avverso i proscioglimenti degli stessi venti indagati decisi dal gup Paolo Micheli. Escluso ,come si è detto,il ricorso  per l’associazione a delinquere che è stato respinto. Ci vorrà tempo. Quanto. Incalcolabile, al momento.

allan fontevecchia

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