lunedì, Gennaio 20, 2020 Categoria: Cronache

Prevenzione delle morti del sabato sera: breve storia di un kit sperimentato a Perugia

Perugia è nella storia della sperimentazione dei test antidroga fatti negli ambulatori mobili della Polizia di Stato dal 1998. Un  anno orribile. Trecento dei milleseicento morti in incidenti stradali sono giovanissimi. Vittime delle stragi dei sabato sera italiani. Di fronte a questa catena di lutti il Viminale  decide di intensificare la prevenzione tentando  di abbassare  il numero  dei ragazzi che all’uscita  dai luoghi di ritrovo e di divertimento notturno  si mettono alla guida  strafatti e inebetiti da quell’ infinità di droghe sintetiche che stanno invadendo, il mercato, spesso shakerati  con alcolici di varia natura. Perugia è il primo ambito territoriale scelto per testare l’efficacia e la funzione deterrente di un nuovo sistema di rilevamento delle condizioni psicofisiche dei conducenti delle auto in  transito tra la notte e l’alba. E lo sarà ancora nel 2000 e nel 2015 quando le tecniche di accertamento registreranno rilevanti miglioramenti scientifici e pratici.  La scelta non è casuale perchè la città e la sua provincia sono  un campione che, per anni, conterrà maledettamente tutti i parametri di una situazione allarmante: i fine settimana segnati dalle croci degli scontri mortali;  i volumi di spaccio  degli stupefacenti che tracciano un andamento in crescita ;  i grafici  dei decessi per overdose che scalano i vertici delle classifiche  Lo strumento  del  1998, si chiama “Triage” ed è il questore Nicola Cavaliere che batte i pugni per utilizzarlo al più presto. Le operazioni sono affidate a Giovanni Pioda, che è un medico in divisa e a Katia Grenga della Polstrada. E’ luglio quando il sistema entra in funzione. E’ un kit, abbinato all’etilometro, che consente, attraverso l’esame delle urine l’ immediata individuazione di certi metaboliti che lavorano per i medici della polizia  come spie della presenza nell’organismo di  ecstasy, anfetamine e barbiturici. Sottoporsi al controllo non è obbligatorio, ma avviene su base volontaria. Il soggetto che presenta segni clinici sospetti viene invitato a farlo dagli agenti, ma  può rifiutarsi.  Il responso  ottenuto  negli ambulatori mobili dei posti di blocco viene poi verificato dai laboratoritossicologi dell’Università di Tor Vergata. Alla prima uscita , un sabato notte ,una doppia conferma: la tecnica funziona. Furono controllate più di cento persone e a 34 di queste fu ritirata la patente. A 9 per guida sotto l’effetto di droghe. Per avere il responso il kit del triage impiega circa un quarto d’ora. Due anni dopo c’è un  perfezionamento con il metodo  “Syva test” che consente tempi di risposta più celeri: due, tre minuti. Questa volta, prima delle altre province, il capoluogo umbro sperimenta con Torino. E’ nel 2015 che un decisivo affinamento dei protocolli rende tutto più semplice: per gli operatori e per i soggetti che si sottopongono al test. Adesso, 21 anni dopo i primi esperimenti perugini e come evoluzione di questi, chi guida con la droga in corpo viene scoperto con uno tampone e il prelievo di piccole quantità di saliva. Non è un sistema per la lotta ai narcotrafficanti, ovviamente. Di certo è un forte deterrente rispetto ai comportamenti a rischio sulle strade. La prevenzione ha bisogno anche di deterrenti come questo. Ogni vita strappata alle stragi del sabato sera è una vittoria.

(da “Il Messaggero”)

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