Archivio : 129 falsi invalidi e l’Inps di Terni scopre le mele marce
129 indagati, 19 decessi per vecchiaia nei 13 anni di attesa del giudizio, 110 imputati, 105 condanne, svariate decine di milioni di lire il maltolto alla previdenza sociale. Ottobre sta finendo, è il 1983, e nella sala più grande del centro di addestramento di Terni, la storica Ancifap, comincia un processo che, reati a parte, sorprende per i numeri. Numeri tanto grandi da non trovare posto nelle aule del Tribunale e causa del trasferimento di togati e no, fascicoli e faldoni, nei più capaci locali di Pentima Bassa. La questione da discutere è, in fondo, semplice e molto all’italiana: Pantalone non paga più. Nel 1970 infatti erano state scoperte , pare per una soffiata, tante piccole truffe che messe una sull’altra come pezzi della Lego, avevano raggiunto la consistenza di un duro colpo finanziario. L’intera struttura provinciale dell’Inps, se non proprio costretta alle corde, era stata toccata nelle casse e gli era venuto il fiato corto. Il mago dell’operazione, un giovane funzionario spalleggiato da sei colleghi, scaltri e fedelissimi, faceva in modo, dietro compenso che decine di falsi invalidi diventassero, che assegni mensili venissero gonfiati senza una ragione, che certi trattamenti, anche a fronte di zero contributi versati, venissero lo stesso erogati… Una manna per tutti , meno che per i conti dell’ Istituto. Lavorarono prima apertamente e poi sottotraccia, gli ispettori interni. E si fermarono in trasferta per settimane, una volta trovati i primi magheggi sospetti. Giornate di lavoro e controlli incrociati per rivoltare come calzini cassetti, armadi, uffici interi. Ed ecco le prove dell’infedeltà e degli incassi illegittimi . Tutto in ordine per gravità decrescente e inviato con quel poco margine di segreto ormai residuo, alla procura della Repubblica. Che tirò le somme: truffa, falso, peculato, corruzione. Nel registro degli indagati ci sono 129 persone che vanno dritte verso il rinvio a giudizio. In 19 però non arrivano alla fine dell’istruttoria: muoiono 18 falsi pensionati e un impiegato. Alcuni di vecchiaia, altri di malattia. Sono trascorsi 13 anni dai primi accertamenti, un tempo che dopo una certa età pesa più del doppio. Ma, del resto, mezzo secolo fa i tempi della giustizia erano, grosso modo gli stessi di oggi. A processo vanno in 110.La sentenza di primo grado è del 15 novembre 1983. Ci sono soltanto cinque assoluzioni. Cinque dipendenti dell’Inps infatti se la cavano perché il Tribunale ha valutato insufficienti le prove con le quali la pubblica accusa li ha portati sul banco degli imputati. La pena maggiore , sei anni di reclusione ,tocca al funzionario che quando ha cominciato a progettare la sua operazione “pensioni facili” non aveva bene quaranta anni. Gli altri imputati , 103 beneficiari dell’aggiustamento delle pratiche , hanno avuto tutti condanne introno a un anno e qualche mese. Modulazione delle pene in base a quanto avevano incassato grazie al taroccamento della loro posizione. A tutti, infine, è stata concessa la sospensione condizionale della pena. Non risultano appelli o ricorsi. Per loro le prove erano scritte nei libretti con i quali ogni mese si presentavano alla Poste per ritirare il dovuto. Che puntualmente incassavano, considerando l’inghippo ormai a prova di ispezione. Sbagliando. ( dal Il Messaggero)