Il mistero della mummia decapitata
Il cinese poco più che ventenne muore sul finire del Settecento e il suo corpo viene sepolto nella cripta della chiesa di Santo Stefano dove riposano tanti viandanti la cui vita si è fermata lì, a Ferentillo. Il corpo si mummifica e rimane pressoché integro. Quasi tre secoli dopo, estate 1987 , qualcuno profana la sepoltura, prende la testa e se la porta via. È un mistero anche perché a quel furto gli investigatori non sanno dare un movente proprio perché i moventi potrebbero essere tanti: traffico di reperti antichi, collezionismo macabro, feticismo, un qualche rito della impalpabile sfera dell’esoterismo. E , ancora: perché proprio lui e non le altre mummie che portano curiosi e turisti in quell’antro dal particolare clima conservativo? Senza una ragione che dia una indicazione sulla motivazione del furto è complicato dare un indirizzo alle indagini. Intanto si ricostruisce la storia di quel giovane venuto da lontano. Non era un viaggiatore qualsiasi, era un “mandarino” ovvero un notabile appartenente alla classe dei militari e di funzionari civili che sono stati nella stanza dei bottoni dal terzo secolo avanti Cristo al ventesimo secolo. Insomma, la classe dominante dell’impero celeste. Si vede anche da quello che rimane dei vestiti impreziositi dai ricami. Raggiunse Terni e quindi Ferentillo con la moglie . Dopo il matrimonio decisero di conoscere l’Europa. Un’epidemia di peste li uccise entrambi. Come avveniva da almeno cinquecento anni furono sepolti nei sotterranei della chiesa edificata nel tredicesimo secolo che già custodiva i corpi dei defunti di Borgo Precetto, in pratica i parrocchiani e quelli di briganti messi alla forca, dame e predicatori uccisi per strada , viandanti colpiti da malori letali. È con il decreto napoleonico che istituisce i cimiteri e vieta le sepolture all’interno delle città che viene ordinata una riesumazione generale. Durante queste operazioni trasloco delle salme si scopre che un buon numero degli inumati son diventati mummie evidentemente per il microclima della caverna scavata nella roccia. Mummie che le autorità decidono di lasciare al loro posto. Sono ventiquattro, uomini, donne bambini. Tre si trovano a Perugia a Anatomico dell’Università di Perugia). Le teste conservate alla stessa maniera sono dieci e poi ci sono 270 teschi di cui si sa poco o niente e una bara ancora sigillata. I più recenti interventi di manutenzione hanno scoperto altre sepolture in uno spazio destinato forse ai non battezzati . Le ha studiate Dario Piombino Mascali dell’Università di Vilnius. Dal 1992 , dopo una un’importante opera di allestimento, sono il nucleo centrale di un museo dove storia e leggenda attirano studiosi, curiosi e turisti. Uno dei più visitati della regione. Una risorsa per il piccolo comune umbro. Il furto della testa del cinese e la notizia finita sui media nazionali hanno dato la spinta definitiva per utilizzare una risorsa mai valutata nella sua effettiva potenzialità attrattiva . Al furto della testa del mandarino avvenuto di domenica seguono tre giorni di silenzio, di illazioni le più strambe e di raccolta di testimonianze di chi potrebbe aver notato situazioni e soggetti sospetti. Niente da fare. Non c’è un appiglio per scegliere una direzione investigativa. Fino al mercoledì successivo quando i carabinieri ricevono una telefonata da un escursionista che si trova nella zona della cascata delle Marmore. Ha imboccato da poco un sentiero in mezzo al bosco e si è imbattuto nella testa sparita da Santo Stefano. Non tocca niente. Aspetta gli inquirenti. Il reperto comunque è intatto. Più che un furto, è la conclusione, sembra una bravata. Sembra, ma non ci sono riscontri per affermare von certezza che sia stata soltanto una bischerata. Il capo del dignitario imperiale torna nella giusta posizione, ma il mistero sulla ragione del trafugamento pur temporaneo resta .