Archivio: sequestro lampo di una donna, mandante il marito
L’ imprenditrice agricola di 43 anni, con la sua Citroen-Ax è sulla strada che costeggia lo stabilimento Elettrocarbonium di Narni Scalo. Come ogni giorno torna a casa ad Acquasparta. C’è nebbia, la visibilità è ridotta. Capita spesso. Quella sera, 10 dicembre 1991, sarà però una sera diversa da tutte le precedenti perché c’è una Thema che la tallona, l’affianca, la costringe ad accostare. Scendono in due e la rapiscono. La portano a Cerveteri dove la tengono nascosta dopo aver chiesto un riscatto di 600 milioni. È inverno, ma è anche la stagione dei sequestri lampo; undici in un anno. Il primo a febbraio a Reggio Calabria, l’ultimo questo che ha visto due banditi di Oliena in trasferta tra l’Umbria e il Lazio. La trattativa con il marito è riservata. Un accordo sul prezzo che in tre giorni sarebbe sceso a 150 milioni porta la donna fuori dal baratro a rivedere la luce in un’area di sosta vicino a Fiano Romano. Non una parola di questa storia deve circolare fuori dal gruppo ristretto dei diretti interessati. Tacere con gli estranei fa parte del gioco. Soldi subito, libertà in poche ore, neanche una parola con quelli in divisa; sono le regole di questo reato giocato sulla velocità e sul silenzio. Eppure, il silenzio lo rompe proprio la vittima che alla 3 di qualche notte dopo bussa alla porta dei carabinieri e racconta tutto quello che c’è da raccontare della sua brutta avventura. Seguono interrogatori vari, si fanno accertamenti, coordina le indagini Fausto Cardella della Direzione Distrettale Antimafia. Dopo un primo giro investigativo i dubbi sono più delle certezze. Anche i sospetti non sono da poco. Sull’ex marito, in particolare. I due di fatto sono separati da tempo. L’uomo, commercialista quarantacinquenne di Todi, viene convocato due volte in caserma e la seconda ci resta una notte intera. Domande su domande, tentennamenti, contraddizioni; il crollo quando comincia a far giorno. Alla fine ammette: del sequestro sa tutto perché è stato lui ad organizzarlo. Ecco i nomi dei complici, degli esecutori; ecco dove potete trovarli. L’ho fatto “per amore per riavvicinarmi a lei ”; una cosa di cui mi pento e non ho scusanti. Pare abbia chiuso il verbale con parole simili a queste che sanno di ravvedimento. Che tentano di accreditare un sequestro a fin di bene. Parole comunque fuori tempo massimo e ovviamente non ricevibili dagli inquirenti: “ma quale amore, il movente sta nei soldi del riscatto “. La situazione economica del commercialista è andata a picco proprio con la separazione, con la fine del matrimonio con l’imprenditrice. Quei milioni di lire chiesti per la liberazione della donna dovevano ripianare i suoi bilanci disastrati. Gli esecutori materiali del sequestro sono individuati in due giovani originari di Orune, da tempo residenti in zona, buoni amici dell’ex marito della loro vittima. Il 7 maggio 1992 c’è il processo con il rito abbreviato. Per i tre c’è la stessa pena: tre anni e quattro mesi di reclusione. Poteva andare peggio: infatti il reato contestato è stato derubricato da sequestro a scopo di estorsione a semplice sequestro di persona. Solo un tentativo di emulare certi specialisti di quegli anni. Per la donna tre giorni di terrore e di angoscia veri al quale il codice penale ha dato la sua misura.
(da Il Messaggero)