sabato, Luglio 29, 2023 Categoria: Cronache

Mara Calisti, trenta anni dopo: è ancora cold case

Dicono che si sopravviva  fino a cinquanta secondi dopo  che un colpo al petto  ti ha devastato l’aorta penetrando per 8 centimetri. In cinquanta secondi  puoi attraversare un piccolo corridoio, aprire una porta, dire “guarda che mi hanno fatto”, chiudere gli occhi, cadere, morire sul pavimento. Sono le ultime sequenze di un omicidio irrisolto da trenta anni: l’assassinio di Mara Calisti, Todi, via Cortesi,131, 15 luglio 1993. Un’ inchiesta archiviata due volte, l’unico ritenuto   indiziabile, ma soltanto per l’esclusione di piste alternative,  ripetutamente  scagionato, indagini senza esito su altre tre persone, l’arma del delitto che è scomparsa, il movente che non è stato individuato, la scena del crime isolata con grande ritardo. Mara Calisti ha  34 anni,  vive con il padre e la famiglia della sorella Rita. Iscritta a giurisprudenza, lavora in uno studio legale e con una cooperativa  di pulizie. È attiva con il Club Alpino, frequenta l’università della terza età di Perugia, è nel volontariato e la politica l’appassiona. Ha da tempo una relazione sentimentale con un primario, il cinquantaseienne Massimo Cappelletti, che però, tenuta segreta e coltivata nella discrezione, non crea problemi. Nell’appartamento dei Calisti , al terzo piano, la notte del 15 luglio ci sono Mara e suo padre Mario ex bidello, 75 anni. Gli altri si sono trasferiti,  come fanno d’estate,  nell’abitazione di Romazzano in campagna. Alle 23,30 la ragazza parla con una vicina, poi si ritira per guardare la tv.  Sul condominio scende il silenzio della notte. Ulisse Gigli che abita al piano di sotto, è preciso: alle 3,45 sente un gran botto e subito dopo le grida di aiuto di Mario. È il momento in cui Mara Calisti muore.  Anche  gli altri inquilini sono per le scale, vanno a vedere; c’ è sangue lungo il corridoio  dalla camera della ragazza alla camera del padre. Entrano ed escono senza precauzioni e forse questo ha reso più complessi gli accertamenti scientifici che cominceranno lì a poco. Il primo atto disposto dalla procura è la perquisizione dell’abitazione del primario, ma non vengono trovati elementi per indagarlo. Non  ci sono motivi che lo possano aver spinto in via Cortesi a quell’ora. Avevano altre occasioni e altri luoghi dove vedersi. Si ipotizza quindi, la mano di un ladro, anche per la ferita provocata da un arnese che potrebbe essere un cacciavite. Nessuno però ha sentito rumori o visto estranei. Mara è rimasta in silenzio quando è stata aggredita. Allora è un soggetto che conosceva? È uno sconosciuto che ha colpito senza scoprirsi? È stata lei a farlo entrare ? Oppure  c’è da cercare un ladro che in silenzio aprendo il portone senza forzarlo e fuggito alla stessa maniera o per una piccola finestra  con un salto  di nove metri ? Sta di fatto che non essendoci tracce della presenza di terze persone non resta agli inquirenti che verificare il racconto di Mario Calisti che viene indagato una prima volta  il 15 novembre 1993. Testimonianze, perizie, investigazioni classiche e scientifiche: a carico del padre non ci sono indizi e il 19 febbraio 1996 il pm Michele Renzo chiede e ottiene l’archiviazione. Una telefonata anonima ( “ il mistero sta nella sua adesione alla terza età” ) e una perizia sulle fotografie delle tracce di sangue nel 1999 riportano l’ex bidello nel registro degli indagati con l’accusa di omicidio preterintenzionale con una diversa ricostruzione di quella terribile notte da parte del pm Antonella Duchini. È il gup Paolo Micheli, maggio 2001, a stabilire che le nuove indagini non hanno portato novità sostanziali e a confermare  che Mario Calisti non ha commesso il fatto. Mario Calisti che nel 1994 aveva dettato a verbale:” non so come fare per dimostrare di essere innocente; non vorrei morire con il marchio del sospetto assassino, l’atteggiamento della gente nei miei confronti non è privo di ombre, anche l’impegno di Rita viene considerato un mezzo per coprire le mie responsabilità. Dell’omicidio io sono due volte vittima”.

( da ” Il Messaggero”)

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