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- alvaro fiorucci su La Beretta 22 del Mostro di Firenze e il fascicolo di Perugia
L’ultima battaglia del comandante Diavolo
Quarantotto anni dopo è la Corte d’Appello di Perugia a cambiare la storia di un proiettile sparato il 18 giugno 1946 vicino a Correggio, provincia di Reggio Emila, il colpo di una pistola che ha ammazzato don Umberto Pessina, parroco di san Martino Piccolo. Un delitto spietato che provocò una forte spaccatura anche all’interno del gruppo di partigiani all’interno del quale c’è l’arma che ha sparato. Si cerca il colpevole, le indagini sono affidate al generale dei carabinieri Pasquale vesce , la fretta spinge la giustizia ad infrangersi su un clamoroso errore giudiziario.Sono indagati Germano Nicolini, comunista ex sindaco di Correggio, nome di battaglia “Comandante Diavolo”, “Antonio Prodi detto “Negus” e Ello Ferretti conosciuto come “Fanfulla”. Gli inquirenti dicono che il “comandante Diavolo “ ha ordinato, e gli altri due hanno eseguito. Una brutta pagina, gratuità della morte inflitta, indignazione e paura tra la gente. Un capitolo di terrore che vede partigiani, nazisti e fascisti, uccidere nella stessa zona e in pochi giorni altri undici sacerdoti; senza un motivo, senza l’attribuzione di una qualche colpa specifica. Leggi tutto…
Appunti sul terrorismo rosso e nero in Umbria
Golpe Borghese– 7 dicembre 1970- Uomini di Avanguardia Nazionale e di altri gruppi neofascisti sono acquartierati a Passignano, Tuoro e Umbertide- Aspettano l’ordine di attaccare i ripetitori Rai di Monte Peglia e di Cetona. Poi come per tutti gli altri congiurati arriva lo sciogliete le righe. Attentato casa del popolo di Moiano– una bomba nella notte tra il 22 e il 23 dicembre 1974 – condannati per danneggiamento quattro o cinque militanti di Ordine Nuovo collegati alla cellula aretina capeggiata da Augusto Cauchi-Alessandra De Bellis- residente a Perugia– legata ad Augusto Cauchi è al dentro delle cose della cellula aretina. Nel 1975 raccontò di aver saputo dei piani per l’attentato di Moiano e di quello al treno Italicus dell’agosto 1974. Non fu creduta. Problemi di salute, una serie di elettroshok c,tra le terapie, ne fecero una testimone inattendibile. Leggi tutto…
Magistrati sotto inchiesta: ritorno al passato
Se le amicizie di Luca Palamara e i verbali di Piero Amara fossero fulmini e grandine dello stesso temporale si potrebbe dire che la perturbazione è tornata a Perugia dove tanto tempo fa se ne avvertirono le prime avvisaglie. La procura della repubblica che-per il coinvolgimento di un buon numero di magistrati romani- oggi indaga sulle vicende dell’ex presidente del Csm e sulle denunce dell’avvocato dei dossier milanesi – è, infatti, lo stesso ufficio che nella seconda metà degli anni ’90 aveva sotto inchiesta fatti e personaggi che finirono, per semplificare, in un unico contenitore che si chiamò, indifferentemente, “tangentopoli due” o “toghe sporche”. Etichette che dicono tutto. Etichette di una stagione che sembra, appunto, rifiorire in questi giorni. Leggi tutto…
Barbara Corvi: ritorno al punto zero?
Tutto torna al punto di partenza? Al punto zero? La scarcerazione di Roberto Lo Giudice intanto ci dice che a carico dell’uomo non ci sono indizi per tenerlo in carcere. E particolarmente interessante sarà conoscere la motivazioni con le quali il Tribunale del Riesame ha ritenuto – per questa mancanza di prove- di rimettere in libertà l’uomo accusato dell’omicidio della moglie. È cioè rilevante conoscere la valutazione che i giudici hanno dato del lavoro inquisitorio della Procura della repubblica di Terni. A cominciare dalle considerazioni intorno al ruolo dei pentiti di ‘ndrangheta. E questo sarà uno snodo cruciale. Quelle motivazioni saranno un primo indizio del destino della ricerca della verità sulla scomparsa di Barbara Corvi : si torna al niente che c’era fino alla riapertura della indagini di un anno fa? Le prossime mosse procedurali della Procura della repubblica saranno altrettanto indicative. Sono trascorsi più di 13 anni: c’è ancora da aspettare. Leggi tutto…
Quando il sospetto camorra provocò il blocco dei lavori del carcere per i mafiosi
Capita, a volte, che, a lavori in esecuzione , lo Stato scopra che l’appalto se l’è aggiudicato un’azienda prossima alla criminalità organizzata e che, di conseguenza, sia costretto a bloccare tutto. A Perugia una situazione del genere ha prodotto negli anni ’90 una curiosità e un paradosso. La curiosità è che il bando per costruzione del carcere di Capanne, che avrà una porzione destinata al 41 bis, dunque anche all’isolamento dei detenuti mafiosi, è stato vinto da un’impresa contigua ad un clan camorristico. Il paradosso è che , con il cantiere bloccato, in un’ area sistemata per l’occorrenza, si è celebrato un maxi processo che aveva tra gli imputati e i testimoni pentiti e capi di Cosa Nostra. Oltre a personaggi di riguardo come un ex presidente del consiglio dei ministri che è stato a capo del governo per sette volte. Per la prima volta la criminalità organizzata ha costruito un luogo dove processare sé stessa. Leggi tutto…
Barbara Corvi: i significati generali di un’inchiesta particolare
Capita che improvvisi e importanti sviluppi di indagini complesse abbiano un valore rilevante non solo per l’inchiesta in sé. Possano avere valori significativi di carattere generale in più ambiti. Oltre la vicenda particolare. È- crediamo-il caso dell’accelerazione impressa recentemente, a dodici anni dai fatti, all’inchiesta sulla tragica fine di Barbara Corvi, la 35enne di Montecampano di Amelia, scomparsa dal 27 ottobre 2009.Il 30 marzo i carabinieri- coordinati dal procuratore della repubblica di Terni Alberto Liguori- hanno arrestato Roberto Lo Giudice- il marito di Barbara e padre dei due figli della coppia. Gli inquirenti lo accusano di omicidio volontario e di soppressione di cadavere. La donna sarebbe stata sciolta nell’acido. L’uomo sarebbe stato aiutato da uno dei suoi fratelli Maurizio. Il movente è la gelosia da una parte e provati sostanziosi interessi economici dall’altra. Leggi tutto…
Il fuoco nel biglietto da visita delle mafie
Prima le parole di fuoco di una voce camuffata al telefono o scritte in lettere roventi a prova di perizia calligrafica . Poi ancora il fuoco; stavolta fiamme vere che ardono , bruciano , distruggono e mandano segnali . E’ come se anche loro parlassero allo stesso modo : minacce, pizzo, recupero crediti di soldi a strozzo. Primi passi di una criminalità dai metodi spicci . E’ successo almeno 4 volte in rapida successione a Bastia Umbra negli anni ’70, addirittura 7 volte in un paio di mesi, negli anni ’80 a Foligno, 3 volte in poche settimane tra Ponte Felcino e Ponte San Giovanni all’inizio del 2000. Tre fasi storiche alla quale subentrerà una quarta. In genere è stato il fuoco il biglietto da visita delle mafie quando si sono infiltrate in regioni diverse da quelle di origine per prendere il controllo dello spaccio della droga e degli incassi della prostituzione. Accumulazione primaria per affari da spa. Leggi tutto…
1974: trovato a Gubbio il killer che ha 65 milioni di anni.
E’ una bella giornata della primavera del 1974 quando la paleontologa Isabella Premoli Silva accompagna sulla scena del crimine il geologo americano Walter Alvarez che è uno degli investigatori più accaniti alla caccia di un misterioso killer che avrebbe appena compiuto 65 milioni di anni. Un giallo irrisolto nonostante sparsi per il mondo siano al lavoro decine di inquirenti. Nel 1974 Premoli Silva ed Alvarez puntano su Gubbio e si fermano dentro la gola del Bottaccione. Con scalpelli, piccozze ed altri piccoli arnesi da scavo, quasi dei bisturi, si mettono a selezionare come due della scientifica quando devono repertare un’arma del delitto. Che in questo caso è un tutt’uno con l’assassino. E’ su quelle rocce calcaree che disegnano un panorama da Jurassic Park che ci potrebbero essere indizi preziosi per individuare lo strumento letale che ha fatto sparire per sempre i dinosauri dalla terra. Leggi tutto…
Umbria: le mafie ci sono e non fanno rumore
E’ una lenta ma costante penetrazione nel tessuto economico quella che da almeno mezzo secolo, con un’accelerazione nell’ultimo ventennio, attuano anche in Umbria le mafie italiane e straniere attraverso varie forme di riciclaggio del denaro proveniente da diversi profitti illeciti ,a cominciare da quelli del traffico della droga e degli esseri umani . Una penetrazione che genera le condizioni per insediamenti di natura sempre più stabile e per infiltrazioni sempre è più a vasto spettro nei mondi della finanza e dell’impresa. Anche se i legami con i territori d’origine non vengono recisi, anzi c’è una sorta di osmosi e di autorinforzo. Le mafie non fanno rumore e hanno bisogno di silenzio: raramente entrano in collisione tra loro , come è successo negli anni’90 dello scorso secolo, per evitare pubblicità e clamore . Al bisogno si accordano. La ‘ndrangheta tra le italiane, e la nigeriana e l’albanese tra le straniere, sono le mafie più attive in Umbria, come risulta dal rapporto della Direzione Investigativa Antimafia relativa al primo semestre del 2020 che pubblichiamo qui sotto. Leggi tutto…